News n. 1/2021 – Brexit
La Brexit (i.e. la fuoriuscita del Regno Unito dall’Unione Europea) ha determinato l’assimilazione del Regno Unito ai cosiddetti “Paesi terzi”.
Ciò comporta che:
- le cessioni di beni poste in essere tra soggetti operanti in Italia e il Regno Unito non potranno più qualificarsi come cessioni o acquisti intracomunitari, ma assumono natura di cessioni all’esportazione o importazioni e dunque dovranno adempiersi anche gli obblighi doganali;
- le prestazioni di servizi, sia B2B che B2C, dovranno qualificarsi come territorialmente rilevanti in Italia sulla base delle disposizioni degli artt. 7 ss. del DPR 633/72 che prevedono la controparte stabilita in un paese extra-UE.
Sono mutati anche gli obblighi identificativi a dichiarativi connessi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi; a titolo esemplificativo, al codice VIES si sostituirà il codice EORI, non sarà più necessaria la presentazione degli elenchi INTRASTAT e le operazioni assumeranno rilevanza ai soli fini del c.d. “esterometro”.
Sul tema rimborsi, gli operatori economici italiani non hanno più diritto di chiedere il rimborso dell’imposta assolta nel Regno Unito (c.d. rimborsi a soggetti non residenti) mediante il portale UE e la procedura prevista dall’art. 38-bis1 del DPR 633/72; come pure i soggetti passivi britannici non potranno più avvalersi della procedura speculare prevista dall’art. 38-bis2 del DPR 633/72.
A tale riguardo, sarà necessario comprendere se permarranno le condizioni di reciprocità tra i due Stati, tali per cui sarà possibile garantire comunque il recupero dell’imposta, seppure secondo la procedura prevista dall’art. 38-ter del DPR 633/72.
Sono venute meno anche varie semplificazioni riconosciute agli Stati membri della UE.
I soggetti stabiliti nel Regno Unito, infatti, potranno registrarsi ai fini IVA in Italia quali soggetti non residenti solo mediante la nomina di un rappresentante fiscale (ex art. 17 co. 2 del DPR 633/72) e non più mediante la procedura di identificazione diretta (ex art. 35-ter del DPR 633/72). Analoga situazione si ha per i soggetti passivi IVA italiani che intendono operare nel Regno Unito (in assenza di una stabile organizzazione).
Accordo sugli scambi e la cooperazione tra UE e Regno Unito
Il 26 dicembre 2020 è stato pubblicato il testo dell’Accordo sugli scambi e la cooperazione tra UE e Regno Unito che regola, dal 1° gennaio 2021, i rapporti tra l’Unione ed il territorio inglese (con esclusione, solo per alcuni aspetti, dell’Irlanda del Nord).
Il documento emanato rappresenta un “Accordo di principio” il cui iter normativo non è ancora ultimato.
Una delle questioni più rilevanti trattate consiste nel mutuo riconoscimento dell’assenza di tariffe e contingenti sulle merci che risultano conformi a determinate regole in materia di origine.
Ciò nonostante, resta inalterato (seppure è previsto attenuato) l’appuramento in Dogana delle merci, a cui sono associati i relativi costi e tempi di attesa, con effetti, rispettivamente, sui margini degli operatori economici, inevitabilmente ridotti, e sulla possibilità di servire mercati con adeguata efficienza.
Rapporti con l’Irlanda del Nord
Viene garantita una sorta di continuità territoriale unionale all’Irlanda del Nord, in considerazione della quale tale regione:
- resta soggetta alla normativa UE per le cessioni di beni;
- è considerata Paese terzo per le prestazioni di servizi.
In applicazione dei principi sopra enunciati, le operazioni aventi ad oggetto beni spediti o trasportati dall’Irlanda del Nord ad uno Stato membro della UE e viceversa hanno natura di operazione intra-UE.
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Lo Studio rimane a disposizione per ulteriori chiarimenti e approfondimenti.
Cordiali saluti
(Studio Castelli Professionisti Associati)
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